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Sesso: le “misure” da prendere con i migranti

Sesso: le "misure" da prendere con i migranti

Gentile Redazione,
sono una ragazza di quarant’anni (sì, ritengo che la mia attuale età mi definisca ancora come ragazza) e convivo felicemente con il mio compagno ormai da otto anni. Il nostro è un rapporto solido, con radici robuste che affondano in anni di amore sincero e condivisione assoluta.
Non gli sono sempre stata fedele, ma la cosa non mi ha mai creato problemi, non sono mai stata messa in crisi da un rapporto occasionale perché sono sempre stata sicura di quale fosse il mio posto: di fianco al mio uomo, colui che ho scelto per condividere la vita.
Devo ammettere che non sono sempre stata abbastanza scaltra, è capitato più di una volta che il mio compagno abbia scoperto un tradimento, ma ha sempre capito quanto fossero solo divertimenti passeggeri e, in fin dei conti, non si è mai sentito davvero tradito perché, come dice lui, “fare un giro di giostra non mette in discussione l’unione d’intenti che ci contraddistingue”.
La scorsa settimana però ha scoperto che ho praticato sesso con un extracomunitario privo di permesso di soggiorno ed è andato in bestia, fino ad abbandonare il nostro nido d’amore. La questione è che a questo giro si è sentito davvero tradito, perché, dice, so quanto lui odi gli immigrati di colore, quanto vorrebbe un’Italia che si occupasse prima degli italiani, dove rimanderebbe questi presunti profughi sui barconi.
Arrivo alla domanda che vi voglio porre. Secondo voi, è giusto che ammetta la mia colpa e che mi scusi per averlo tradito davvero a questo giro? Oppure dovrei difendere quello che resta pur sempre un essere umano, soprattutto nella misura in cui mi ha fatto sentire donna come mai mi era successo?

Rita da Voghera

 

Carissima Rita,

La tua lettera, lo confessiamo, ha creato non poco imbarazzo in questa redazione. Le tematiche che hai affrontato in poche righe sarebbero degne di finire in qualsiasi trattato sociologico, sia di stampo prevalentemente relazionale, sia, invece, di più ampio respiro. Tu, Rita, sei donna dalle mille sfaccettature e dai mille interrogativi, la tua curiosità, anche sessuale, è il motore che servirebbe a questa società impantanata nell’ovvio per liberarsi delle proprie catene (catene a cui da sola, nevvero, si è soggiogata) e spiccare verso un futuro allo stesso tempo moderno e consapevole. Sono tanti i quesiti che poni e altrettante le domande che vorremmo farti noi, per capire davvero in quale meandro del tuo pensiero possa nascondersi quella che percepiamo come una verità universale. Vorremmo ad esempio chiederti la natura dei tuoi occasionali tradimenti, se derivano da un rivoluzionario bisogno di nuovo oppure da un più conservatore bisogno di mantenimento di una certa quota di libertà relazionale. Vorremmo chiederti se psicologicamente la tua mancanza di scaltrezza sia davvero una forma ingenua e infantile di distrazione, oppure forse una sorta di lapsus freudiano volto a innalzare il tradimento a un livello più metafisico e mentale. Vorremmo chiederti che tipo d’uomo sia tuo marito, se un compagno che trabocca d’amore con il solo peccato veniale di femminile debolezza, oppure un maschio socialista, che considera, cioè, la sua donna un bene prezioso da condividere con il prossimo. Vorremmo chiederti quale è stata la tua educazione sessuale, dove incontrasti quello che ora definisci come il tuo uomo. Ci piacerebbe sapere cosa intendi per “stare al mio posto”, una frase così poco usata ormai, eppure così piena di significati. Insomma, cara Rita da Voghera, di te, del tuo uomo, delle fondamenta etico religiose della tua relazione vorremmo sapere tutto. Ma dato che questa rubrica ha spazio solo per una domanda, noi ti chiediamo:

In che senso un negro ti ha fatto sentire donna come mai prima d’ora?!?

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