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Perché TikTok impazzisce per Donna Tartt? Riflessioni aspettando il suo nuovo libro

Viene facile a questo punto capire perché Donna Tartt sia amata dai più giovani, quelli nati dopo la pubblicazione dei suoi libri per intenderci, e perché sia così universale. Proprio come gli scrittori a cui dice di rifarsi nella sua scrittura (Poe, Shirley Jackson, Mary Shelley, Stevenson) Donna Tartt è capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano, il sacro, mantenendo sempre e comunque uno stile alto, elegante, profondamente chic.

L’onda social cavalca Dio di illusioni

Qualche tempo fa ha fatto scalpore il clamoroso, quanto inaspettato, successo social di un libro di ben trent’anni fa. Il libro è Dio di illusioni e l’autrice è Donna Tartt, una delle scrittrici più sorprendenti che attraversa il pianeta in questo momento. Il caso è scoppiato quando il Guardian è andato a leggere i trend dei giovani su TikTok e ha scoperto che Donna Tartt era diventata semplicemente una star, anticipata quasi sempre dagli aggettivi genius e amazing.

Dio di illusioni, che ha compiuto trent’anni lo scorso anno, poteva non apparire un adatto per il mercato di TikTok, eppure alcuni elementi lo hanno fatto schizzare in tendenza e quindi ritornare prepotentemente nelle classifiche di vendita.

Quali sono le caratteristiche che hanno donato al primo libro di Tartt una seconda vita? Se lo sono chiesti in molti e le risposte non sono in effetti così sorprendenti.

Se pensiamo alle atmosfere cupe, dark, crepuscolari in cui la vicenda è ambientata, viene facile immaginare il fascino che può scatenare nell’immaginario di un adolescente in cerca di emozioni forti. Del resto la stessa Tartt aveva più o meno vent’anni quando iniziò a lavorare al suo primo romanzo, quindi probabilmente condivideva  sensazioni e suggestioni degli adolescenti di oggi.

Le atmosfere cupe ovviamente non sono contenitori vuoti, l’autrice americana le ha riempite con altri elementi che affascinano e seducono immediatamente i lettori, soprattutto preadolescenti. Il primo elemento è l’esoterismo che viene più volte chiamato in causa nel libro, regalando pagine di grande piacere. Pensiamo solo alla scena in cui Henry cerca di padroneggiare l’arte dei veleni, andando a comprare libri scritti in siriano e aramaico in un negozietto esoterico nascosto tra le luci luminose della città.

Collegato all’esoterismo ovviamente vi è il tema del classicismo: i quattro (o cinque) ragazzi protagonisti si incontrano e formano la propria setta grazie ad un corso di greco tenuto dall’eccentrico  Julien. E poi c’è la droga, l’eccesso, la follia, quella che caratterizzava le feste di Dioniso nell’antica Grecia.

Il piccolo amico e Il cardellino evolvono i temi

I temi de Dio di illusioni non scompaiono nei libri successivi, ma si trasformano cambiando leggermente prospettiva. Ne Il piccolo amico le atmosfere rimangono cupe, ma il protagonista (il bambino trovato impiccato) e i personaggi hanno un’altra età e un’altra posizione sociale, per cui il cupo diventa grottesco, siamo più vicini alle opere di Poe che Shirley Jackson. Gli spazi sono ampi, la campagna diventa un elemento fondamentale.

Bisogna arrivare al terzo libro di Donna Tartt per capire fino in fondo quali sono gli elementi che hanno trasformato la scrittrice americana in una sorta di culto vivente. Il cardellino viene annunciato in pompa magna dalla stampa al momento dell’uscita, ovvero nel nel 2013. Addirittura Stephen King fece un notevole endorsement dichiarando che Tartt era “una scrittrice straordinariamente brava”. Il seguito è storia: milioni di copie vendute e un Premio Pulitzer conquistato a mani basse.

Detto ciò, bisogna capire come da un romanzo dalle ambientazioni gotiche ed esoteriche di sia potuto passare ad un successo planetario come Il cardellino dove gli ambienti sono di tutt’altra estrazione. Una delle cose che salta più all’occhio infatti, leggendo il terzo romanzo di Tartt, è proprio l’ambientazione in una New York che si muove tra musica classica, antiquariato, opere d’arte. Una New York ricca, o almeno vicina alla ricchezza, in un’America consumistica e nichilista.

Ovviamente grazie ad un incipit travolgente, in cui troviamo Theo Decker bambino che perde la madre durante una mostra al Metropolitan, veniamo catapultati nella vita del protagonista, dentro la sua testa, nei suoi pensieri più intimi. Donna Tartt crea una vera e propria gabbia attorno al suo personaggio da cui non ci si riuscirà a liberare se non leggendo le ultime pagine del libro.

Trasgressione come necessità

Ma cos’è che ci incolla a Il cardellino? Ci incolla il bisogno di vita di Theo Decker, il suo cercare di correre più veloce della paura e del dolore. In diversi punti (nel romanzo Theo è raccontato bambino, adolescente, adulto) Theo Decker si guarda intorno spaesato, come se il panorama intorno fosse un deserto, convinto che non sia più importante essere al mondo per lui. Questa sensazione nichilistica del protagonista viene curata con la trasgressione, medicina carissima che ahimè non risolve ma almeno attenua.

Ecco, su questo punto dobbiamo fare una riflessione. In Donna Tartt non c’è mai il moralismo degli scrittori americani, chiamiamolo puritanesimo anche, ma c’è il racconto della trasgressione come una necessità, un bisogno per uscire dall’anonimato della vita borghese.

Mettiamo insieme le due cose ora: da il lato il dolore da cui si tenta di fuggire, dall’altro la trasgressione come via di ricerca di un’altra vita. A questo punto ottenete un cocktail potentissimo di emozioni e visioni in grado di fare breccia nei cuori di tutti i romantici del mondo.

I ragazzi di Dio di illusioni che riproponendo riti orgiastici cercano la via d’accesso ad un’altra vita, o Theo Decker che si droga fino a perdere conoscenza per poi ritornare un importante commerciante d’arte la mattina successiva, sono entrambi esempi di fuga dall’ordinario, di ricerca di qualcosa di eccezionale.

Il cardellino, qui non paragoniamo la bellezza o il successo dei due libri ma la struttura, colpisce ancora di più l’intimità di ognuno di noi perché la vicenda accade nella assoluta normalità di una vita comune, durante un momento qualunque. Il rapporto madre-figlio diventa una mancanza che produce estraniazione dalla realtà, assenza del proprio io, paura e vertigine. Una descrizione della condizione di chi perde un genitore in tenera età assolutamente non distante dalla realtà di moltissime persone, una situazione facilmente comprensibile per empatia da chiunque.

Donna Tartt parla ai giovani, ma parla più in generale a tutti i suoi lettori perché parla della cosa più antica del mondo: il dolore e la paura di diventare grandi, uguale a tutti.

Sesso e amore

A conferma di questa tesi c’è un argomento che compare solo velatamente tra gli scritti della Tartt: il sesso. Il sesso nei libri di Donna Tartt compare come ossessione, come sfogo, come trasgressione, mai come amore. L’amore compare come un bisogno spirituale, platonico, magico e distante.

Pippa, la ragazzina coinvolta nell’esplosione che ha ucciso la madre di Theo, ne è il simbolo. La conosciamo malata nel letto Pippa e la ritroviamo ragazza amante della musica classica, educata e moderata da adulta. Mentre Theo ha girato tutto il bestiario umano senza trovare pace, Pippa ha una bellezza d’animo che le ha permesso di rimanere ferma nella sua malinconia. Pippa è l’amore che sa esprimere Theo, allo stesso tempo che gli manca, un pezzo della sua anima persa, la sua Itaca a cui mai saprà tornare.

Viene facile a questo punto capire perché Donna Tartt sia amata dai più giovani, quelli nati dopo la pubblicazione dei suoi libri per intenderci, e perché sia così universale. Proprio come gli scrittori a cui dice di rifarsi nella sua scrittura (Poe, Shirley Jackson, Mary Shelley, Stevenson) Donna Tartt è capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano, il sacro, mantenendo sempre e comunque uno stile alto, elegante, profondamente chic.

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