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Tennis – Pillole di Internazionali BNL d’Italia 2015, Roma

17/05/15
Mi sono perso le semifinali causa gita al Salone Internazionale del libro di Torino, giuro. Ma davanti alla finale ci sono stato. Inutile sottolineare come la mia speranza fosse che Carla Suarez Navarro avesse la meglio su Maria Sharapova, ma così non è stato. Temo che questa finale si sia giocata molto anche nelle semifinali che non ho visto, o forse, ancora di più, sia stata una conseguenza di tutti gli incontri precedenti, che hanno visto la spagnola lottare per diverse ore, mentre la russa liberarsi velocemente delle avversarie.
Il primo set ha visto una Navarro sul pezzo, giocare in modo intelligente e solido: alzare traiettorie, modificare rotazioni, buttare fuori dal campo l’avversaria con quel suo rovescio monomane meraviglioso, affondare con il dritto migliorato, giocare lungo, non subire la maggiore potenza dell’altra. Di contro Sharapova non sembrava in grande giornata, un po’ certamente messa in difficoltà dalla spagnola, un po’ di suo. Veniva irretita dal gioco della spagnola, o forse in assoluto dal gioco del tennis, era in confusione e sparava a salve, sparava fuori, sbagliava tanto, troppo, anche in situazioni comode oltre che quando costretta dai colpi altrui e dalla propria testardaggine. Parziale chiuso da Navarro sul 6-4.
Secondo set che cominciava sulla stessa falsariga e vedeva, nel primo game, una palla break per Navarro: ma Sharapova la annullava e, forse, la partita finiva lì. La spagnola andava piano piano spegnendosi, pur non sbracando non proponeva il suo gioco con la stessa efficacia, pur aiutata da un’avversaria che a tratti sparacchiava senza senso. Insomma, da una parte una tennista che si andava esaurendo, dall’altra una mazzaiola discontinua, situazione che a suo modo creava lotta: infatti Sharapova chiudeva sul 7-5. Di sicuro Carla esauriva lentamente il serbatoio di energie e questo non può non essere considerato un fattore determinante. Ma la mia impressione è che abbia iniziato anche a crederci sempre meno, non si faceva più aggressiva quando ne aveva le possibilità, lasciava troppo l’iniziativa e iniziava a sbagliare in modo maldestro: improvvisamente, vecchio stile, impaurita dall’avversaria e da se stessa. Invece devo sottolineare come la russa si concedeva diverse smorzate, per lo più ben eseguite; il mio stupore aumenta se penso che erano palle corte tennisticamente intelligenti: quando vedeva la Navarro lontana, troppo lontana, ogni tanto gliela piazzava lì.
Il terzo set non aveva storia, un nettissimo 6-1 per Sharapova e buona notte speranza che la barbara non conquistasse Roma. Nel terzo parziale Navarro ha mollato il colpo, non ne aveva più e non ci credeva più.
Va dato atto alla russa di non mollare invece mai, resta attaccata alle partite con le unghie, non si fa mai battere per resa. Mentre mi rimane la sensazione che la Navarro avrebbe potuto farcela oggi, come quell’odore di occasione persa, lei giocava bene mentre l’altra non era in giornatona.

p.s. Tra primo e secondo set un raccattapalle si è arroccolato proprio alle spalle della Sharapova, che si è girata sentendo il tonfo. Alla sua età, una tale figura di merda davanti ad una figa del genere, del pubblico frega meno a quel punto, avrebbe minato la mia autostima per mesi. Oggi, uguale. I miei più sinceri auguri per un superamento rapido dell’episodio.

15/05/15
Quarto di finale tra le due urlatrici per eccellenza: Maria Sharapova e Victoria Azarenka. Da qualche parte mi pare di aver letto che alcuni rilevamenti effettuati hanno stabilito che i maggiori decibel prodotti sono quelli della bielorussa, che batte proprio la siberiana. Ora non so quanto fossero a posto gli strumenti utilizzati, ma posso affermare con certezza che la mia sensibilità riconosce comunque, a prescindere dalla potenza, le urla della Sharapova come più fastidiose.
Per quanto riguarda l’incontro odierno, nulla di particolare, un 6-3 /6-2 netto per la spilungona russa. Oltre ad essere stato teatro di scorticamento, sola ragione di grida del genere, il centrale di Roma è stato ring di una scazzottata senza se e senza ma. Due donne che toccavano la palla con una femminilità tutta nascosta da fendenti tirati sempre e comunque. Si sono menate con furia sanguinaria, che se avessero voluto colpirsi con quelle palle sarebbe stato il logico sbocco.
In realtà una delle due tirava molto più forte stasera ed era Maria, la cui palla viaggiava visibilmente di più di quella dell’avversaria apparsa un po’ fuori fase; non solo, sbagliava poco. Sharapova tirava tutto, a partire dal servizio, senza fare differenza tra prima e seconda, tra risposta e difesa, un unico canovaccio fatto di furia fredda. Scambi che si chiudevano in pochissimi colpi, una Azarenka sostanzialmente mai in partita e i giochi si sono chiusi con facilità.
Ogni tanto, qui e là come fossero raptus di inconsapevolezza tennistica, le due si lanciavano in palle corte persino ben eseguite, come volessero dirci: vedete questa roba? Ecco, non la vedrete più. Addirittura, nel primo set, la russa si è prodotta in una volée vincente in allungo: qualora dovesse rendersene conto si fustigherà con la stessa cattiveria con cui impugna la racchetta come fosse una mazza.
Comunque Sharapova è parsa in palla, non ha mai permesso all’avversaria di impensierirla (prendi questa e quest’altra): se i pronostici hanno un senso, va ricercato nella sua semifinale con Gavrilova.

p.s. Le tempistiche con cui serve Sharapova sono senza senso, quando prende un nastro o sbaglia il lancio di palla viene da maledire il caso, mentre si va a prendere un’altra birra in cucina, la si apre, si fa il primo sorso e si ritorna sul divano, sperando che abbia almeno terminato il palleggio. Che poi quel suo fissare l’avversaria ogni santissima volta ha un perché? È aria di sfida o delfini che le passano davanti agli occhi?

12/05/15
Oggi è il giorno della giovane di belle speranze del tennis italiano: la ventiquattrenne Camila Giorgi. Come non vederla? Gioca così bene, ha le potenzialità per batterle tutte, è da prime dieci, le manca solo un pizzico di maturità. Vittima designata Jelena Jankovic.
Iniziamo con il dire che è stata una partita di una bruttezza indicibile, a tratti un vero strazio. Giorgi il solito non schema, inutile stare a ripeterlo; Jankovic è parsa fuori dima e anche fuori forma. Primo set costellato di errori da parte di entrambe, con contorno di doppi falli misti e scambi mai oltre i tre colpi. Di questo spettacolo osceno se ne giovava l’italiana, che in tanti sbagli qualcosa piazzava efficacemente dentro, portandosi sul 5-2. A quel punto alla serba si è accesa la lampadina e si è ricordata di non essere una sprovveduta: ma se a questa la tiro di là dovrebbe bastare, magari un po’ alta e lenta. Ecco, tanto bastava per agguantare il set 7-5, senza fare nulla di eccezionale, continuando anzi a giocare male, ma con testa. E si sa, se la si mette sulla testa la Giorgi sa solo perderla.
Nel secondo set Giorgi finalmente decideva di adottare uno schema: andava sul 4-1 e si faceva ancora rimontare per un altro 7-5 a favore della serba. Nel momento in cui le entrava qualcosa, vista la serata dell’avversaria, la nostra prendeva il largo, ma, non essendo nemmeno lei in stato di grazia, gli errori tornavano presto a fare capolino. Che poi errori, alcuni erano veri e propri scempi, dei controsensi materializzati in una racchetta.
Perdere così da una Jankovic così non fa davvero onore.
Annoto come due amici contemporaneamente mi abbiano scritto della pazzia che sprizza dalla Giorgi. Come non concordare, ma è una pazzia triste, non una follia divertente. Uno dei due ha rincarato la dose sostenendo che ami perdere. Quando lavoravo come sportellista in un’agenzia di scommesse, qualcuno mi disse che i giocatori scommettono per perdere, è quello che dà loro l’adrenalina: bè, forse allora vale anche per Camila, trova sensazioni forti nel perdere.

p.s. Telecronista aggiunto è stato Paolo Bonolis. Dico io, pure farsi dire che non serve spararle tutte da un presentatore televisivo, forse se lo avesse detto attraverso un siparietto con Luca Laurenti l’avrebbe ascoltato.

12/05/15
Dopo una lunga giornata di lavoro, giuro, mi piazzo davanti al televisore e intercetto Sabine Lisicki impegnata contro Timea Bacsinszky. Precisamente sul 3-2 per la svizzera, servizio alla tedesca. Appena seduto mi vedo costretto a rispondere al telefono, per inciso ancora lavoro, e il primo set mi scivolava davanti agli occhi senza che potessi prestare molta attenzione. Riuscivo però a vedere Lisicki commettere doppio fallo sul set point per l’avversaria, 6-4 Bacsinszky.
Allora accendiamo la classica sigaretta all’inizio dei tre giochi iniziali di un set, in questo caso il secondo. Non è che ci sia molto da dire, una Bacsinszky solida e intelligente ha domato cavalla pazza Lisicki con una certa facilità. La svizzera sa come si gioca, spingeva quando ne aveva l’occasione, modificava le traiettorie qui e là, palleggiava quando non era il caso di rischiare; e sbagliava pochissimo, praticamente nulla. Dall’altra parte la tedesca dagli occhi iniettati di follia sparava tutto e sparava fuori, sbagliava tanto e sbagliava male, presa dalla perversione di fare errori su palle semplici: è vero che la palla facile può rivelarsi difficile, ma secondo me lei le sparacchia con intimo piacere, un sottile godimento nell’errore banale. Come tanto impegno ci metteva a tirare a caso ogni palla alta proposta dall’avversaria. Ha anche giocato diverse palle corte, non tutte ben riuscite e non tutte coerenti con lo sviluppo del gioco, mentre quando le avrebbe potute giocare ha puntato allo sfondamento di rete e tabelloni pubblicitari. Davvero una mente scissa quella della tedesca: bum bum e poi palla corta, non sa nemmeno lei chi è veramente. Insomma, non era in una giornata in cui riusciva a spaccare la pallina, allora ha pensato non valesse la pena perdersi in banali palleggi. Alla fine 6-3 Bacsinszky, ma avrebbe potuto essere più netto.

p.s. Il cronista parla di spalti pieni per il doppio Lorenzi-Vanni: italiani brava gente, tanto da arrivare al masochismo. Evidentemente non sbaglia scelte solo in cabina elettorale.

11/05/15
A Roma sono iniziati gli Internazionali BNL d’Italia di tennis. Supertennis fa di tutto per farceli vivere come un evento epocale, dando cadenza annuale all’epocalità. Ci hanno pure propinato il reality sui raccattapalle, odierni eroi di bordocampo: non mi sono mai messo a vederne una puntata, un meandro della mia anima lo rimpiange. Comunque io tifo Supertennis, permette di gustare in chiaro molte partite durante l’anno, ingrato fino a questo punto non riesco ad essere.

Assisto a Roberta Vinci contro Heather Watson. Diciamo subito che è stata una partita senza storia, con l’Italiana mai entrata nel match. Pure io ho fatto fatica ad entrarci. Diego Nargiso centra il punto quando fa notare come i pini del Foro Italico non permettano una visuale ottimale ai giocatori. Il telecronista aggiunge che anche gli spettatori sono penalizzati e qui Nargiso sposa una tesi che non riesco a fare mia: importa di meno. Sto paio di meringhe! Finché il sole non ha preso il giro giusto, eliminando parte delle ombre, la mia ricerca della pallina è stata più difficoltosa di quando sono in campo, vagavo con lo sguardo senza essere mai sicuro di aver intuito la traiettoria giusta. Vabbè, forse per i giocatori è più fastidioso, ma se vogliamo che sia uno sport con seguito televisivo questo non aiuta.
Dicevamo del match. Poco da dire, una britannica centratissima e una Vinci non pervenuta conducevano dritti dritti al 6-3 / 6-1 finale. Da un lato Watson giocava in modo intelligente, attendendo il momento migliore per spingere e tenendo in palleggio quando non era il caso di sparare. A questo aggiungiamoci che le riusciva tutto, mettiamole di fronte un’avversaria a cui non riusciva nulla e i giochi sono fatti. Potremmo raccontare dei troppi errori della Vinci, sia con il suo rovescio unico, sia ogni santa volta che provava a spingere con il dritto. Ma staremmo qui a spendere parole inutili: oggi non c’era partita e ci sarebbe voluto molto perché ci fosse.
Annotiamo che, pur in giornata no, Roberta ha saputo regalarci colpi deliziosi; ma anche Heather non ha disdegnato qualche colpo non convenzionale qua e là.

p.s. Mentre scrivo mandano un’intervista a Sharapova, prima domanda: che sensazioni provi quando torni qui a Roma? Ma che diavolo ti deve rispondere? Quello che risponde a tutti quelli degli altri paesi che glielo chiedono: adoro questa città, pure se fosse una fogna a cielo aperto.

Qui sotto un libro di Gianni Clerici che consigliamo

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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